Guido Loleo, Senior analyst coordinator nel campo della formazione, ci racconta chi è!
Chi sei?
Caro Guido, le motivazioni che ti hanno spinto ad appassionarti alla pesca subacquea sono le stesse che ti hanno fatto scegliere di lavorare nella formazione? Ti piace il brivido di non sapere in cosa potresti imbatterti?
Uhm… in qualche modo entrambe sono passioni innate. Quella “giusta” deriva dal fatto che per chiunque ami pesca e mare quell’universo blu su cui galleggi è un mondo denso di misteri. Quella “sbagliata” (occuparsi di formazione è quasi sempre un errore fatale) dipende dal fatto che mi è sempre piaciuto spiegare le cose. Non mi capacito ancora del perchè io ne abbia poi fatto un lavoro, ma mi diverte moltissimo lavorare con il cambiamento e le persone. Se ti piace indagare devi poi sempre avere il coraggio e la gioia di imbatterti nell’imprevisto.
Lo confesso, un branzino di 10 chili sarebbe, per quanto cercato, un imprevisto. Benedetto, peraltro.
Cosa fai?
Nell’attuale mercato del lavoro di formazione se ne parla sempre, ma serve davvero per trovare un’occupazione?
Non basta questo spazio per risponderti. Una cosa mi è sempre più chiara. La “formazione”, come conosciuta in Italia è un settore denso di cialtronismi di ogni sorta. Su quello intendo lavorare. Molto. La formazione dovrebbe essere il luogo di apprendimento delle competenze per agire con efficacia nel mercato del lavoro, nelle professioni, ed il luogo privilegiato dello scambio tra esperienze. Ne siamo infinitamente lontani. La visione prevalente è centrata su meccanismi burocratici e un modello di sviluppo imprenditoriale, sociale ed economico francamente paleolitico.
L’età non mi impedisce ancora di interessarmi a tante cose differenti. Attualmente la gran parte del mio lavoro è con la formazione in Romania. Avvio di impresa e sviluppo delle competenze per operatori privati e pubblici. Ci sono enormi spazi per l’economia sociale. Spero che l’anno prossimo potrete darmi una mano.
La tua innovazione.
Innovazione sociale in Italia! Ci aiuti a trovarla? Chi sono i grandi innovatori di oggi?
Nel campo del “sociale” l’innovazione è sempre stata un elemento schizofrenico. Da una parte esperienze entusiasmanti per qualità dell’azione sociale, fantasia, creatività, come Le Mat, per dirne una, collegate alla voglia di fare impresa a prescindere da marchi di “sfiga” che tendono troppo spesso a caratterizzarne la comunicazione; dall’altro le scelte organizzative ed imprenditoriali tradizionali, mutuate dall’esterno, ad esempio il gigantismo aziendale a traino delle P.A, soprattutto nei servizi alla persona.
La crisi impone alle une ed alle altre un fortissimo ripensamento ed un totale cambiamento di parametri. Innovare significa, ad esempio, riflettere sulla parola “sociale” e sul suo significato odierno. Lavorare sulla riassunzione di impresa da parte dei suoi lavoratori, e ancor di più lavorare sulla voglia dei giovani di creare impresa, è assolutamente un valore dell’economia sociale contemporanea!
Per le imprese sociali “tradizionali”, ripensare il rapporto col volontariato sarebbe da anni un elemento fondamentale del business. E’ sempre stato un argomento tabù. Occorrerebbe riprenderlo senza vincoli mentali, costruire una catena del valore integrata tra i due mondi.
La tua NON innovazione.
… e i peggiori finti innovatori? Se li conosci li eviti?
Cialtroni e parolai? Sempre!
Oltre quello che ti ho detto, posso solo aggiungere che il pensiero ideologico che talvolta ancora regge le vision del mercato dell’impressa sociale andrebbe bandito dalla pratica dell’agire nell’economia sociale.
Se c’è una caratteristica chiave dell’economia sociale è sempre stata l’apertura mentale ed il cercare modelli e settori differenti da quelli tradizionali. Spesso in posizioni di avanguardia rispetto al contesto sociale ed economico. Pionieri.
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